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| 162 | libro secondo. |
le idee in quel limite parimente che noi descrivemmo ci scopre con certezza immediata il congiungimento del nostro pensiere all’Ente Assoluto. Laonde, invece di assentire all’abate di Condillac che l’anima e il pensiere sempre rimangano chiusi in sè stessi, deesi per lo contrario affermare che sempre l’anima nostra e il pensiere sono in congiunzione diretta e continua col mondo fisico circostante e col mondo assoluto e oggettivo delle idee. Di quindi poi la legittimità del nostro conoscere e la provenienza e realità dei principj logicali supremi, conforme si andrà dichiarando nei seguenti capitoli.
22. — Del sicuro, mancherà molto alla scienza che travagliasi intorno all’anima e intorno ai concetti, non si potendo scoprire la causale necessità, perchè l’intuito di quelli succeda originalmente nell’anima in occasione delle percezioni e sembri cosi dipendere sempre dalla fortuita esperienza. Ma noi dobbiamo anzi tutto fermarci alla verità del fatto e non lo disdire per questo soltanto che bene non lo intendiamo. Che se le idee sono (secondo che io giudico) anteriori per natura e indipendenti dall’esperienza, elle cotali rimangono e sono; perocchè l’intervento della cagione occasionale per aver di quelle l’intellezione è un fatto umano e subbiettivo e prova come la visione delle idee fassi per noi condizionata ed à qualche parte accidentale e variabile in ciascun individuo. Ma ciò non condiziona punto le idee in sè stesse e non le sottomette ai nostri accidenti. E stimo che nessun platonico voglia inchinarsi a credere che le idee nascono e muoiono quante volte noi le pensiamo o di pensarle cessiamo. Elle anno certa natura intelligibile indipendente da noi; e più propriamente, elleno sono la forma mediante cui la realità eterna e gli