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8 le due giornate

Turati: involuzione socialista dell’ultima ora, di questa ora di Tripoli, in un uomo che prima e più d’ogni altro suo compagno uguale e minore s’era mostrato propenso a tante evoluzioni borghesi, o per lo meno ministeriali. Egli parlò ieri, dopo la guerra vittoriosa e la conquista necessaria, con la stessa mentalità, con le stesse visioni nere, con cui, or fanno sedici anni, parlò dopo la conquista non necessaria dell’Eritrea e la disfatta d’Adua, male da lui ricordata.

Perciò egli fu solo. Fu solo in mezzo ai suoi e contro agli altri. Sull’emiciclo parlamentare, con le spalle al suo scanno, mentre parlava e si dibatteva e si contorceva, con una voce che ora pareva cercare la via del cuore, ora con certo artifizio scattava, il vecchio condottiere di folle apparve solo in tutta l’Italia e contro tutta l’Italia. E nessuno voleva ascoltarlo. L’urlo implacabile rompeva i suoi periodi, lacerava le sue parole. Finchè nella tribuna dei giornalisti, nel cuore di qualcuno sorse il proposito di gridare viva l’Italia contro di lui. Una Nemesi storica, nata più di quindici anni fa, cresciuta giorno per giorno, ora per ora, nel profondo della vita pubblica, suggerì quel grido contro l’uomo di parte. E dieci, venti, nella tribuna dei giornalisti s’alzarono in piedi e gridarono viva l’Italia. Tutta la