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capitolo decimo 391

diani se ne fuggirono allora tremanti, e tementi di aver provocato la superna collera, persuasi com’erano che quella croce provveniva dal cielo: tuttavia rabbia violenta spinse i loro Bohutis a ritentare la prova; accintisi a tagliarla colle loro scuri di pietre acute e coi coltelli che si erano procurati nei loro cambi coi Castigliani, essi trovarono nel legno una resistenza insolita, e notarono che appena ne avevano levato un pezzetto, il vuoto si riempiva1, sicchè tornavano sempre da capo nella loro fatica. L’accanimento della lor ostinazione cedette alla vista di questo nuovo prodigio; e ricordando che la loro moltitudine era stata impotente, non solo ad atterrar la croce, ma pur a smuoverla, si prostrarono anch’essi dinanzi a lei2.

A questi prodigi se ne aggiungeva un altro permanente, visibile da tutti, e la cui evidenza andava crescendo ogni anno; la conservazione perfetta di quel legno secco, che sebben non difeso da catrame od inverniciatura, resisteva all’azione dell’umidità e del calore, che in quel clima inducono rapida distruzione. Quella croce non era nè screpolata, nè aperta; nessun insetto la rodeva: sarebbesi detto che la si era alzata in quel punto. Cinquant’otto anni dopo ch’era stata piantata, la Vera Croce presentavasi tuttavia intatta come al primo giorno. Un’altra maraviglia sorprendeva sopra tutto gli abitatori della Concezione, ed era vedere in piè, rispettata dagli uragani e dalle trombe3 quella croce, mentre gli alberi vicini, e le case intorno erano stati atterrati.

Il racconto di questi prodigi, e la vista delle guarigioni miracolose attraevano alla vera croce gran concorso di coloni: essa era diventata lo scopo d’un vero pellegrinaggio: Verifi-

  1. Il P. Charlevoix, Storia di San Domingo, t. I lib. VI, p. 479.
  2. “Y accordandóse que aquella allí hincada non eran bastantes tantos hombres á la menear ni quitar de aquel lugar, la miravan con acatamiento y respecto y se humillavan á ella de ay adelante.” — Oviedo y Valdez, la Historia natural y general de las Indias, lib. III, cap. v.
  3. “Assi por sus miraglos como porque en tanto tiempo como estuvo descubierta, jamas se pudrió ni cajó, por ninguna tormenta de agua ni viento.” — Oviedo y Valdez, la Historia natural y general de las Indias, lib. III, cap. v.