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166 libro primo


Non erano peranco terminate le allegrie trionfali del conquisto, che la Regina dava udienza a Colombo.

Il solo aspetto di questo nobile straniero, a cui l’approssimava, senza saperlo, una segreta comunanza di fede e di genio, assecurò la Regina contro le obbiezioni della Giunta di Salamanca. In quella conferenza non sorse alcun dibattimento intorno al progetto perchè non sussistevano più dubbi sul porlo in opera: la Regina lo approvava per istinto; ella indovinava in Colombo una comprensione superiore delle cose, e lo teneva qual persona eccezionale: la presenza di lui, infatti, palesava la sua grandezza interiore, la vera fede.

Accettato, pertanto, il progetto senza più ricorrere ad esame o giudizio altrui, senza restrizione, e come l’ispirazione lo aveva concepito, non restava che determinare i vantaggi che si attribuirebbero al suo autore dopo il felice riuscimento. Una commissione, presieduta anch’essa dal prudente Fernando di Talavera, fu incaricata di regolar questo punto. Colombo conferì con essa, e le fece conoscere le sue pretensioni: dovette esporle categoricamente.

Allora quest’Uomo, il cui pensiero era più vasto del mondo, lasciò presagire la grandezza, delle sue speranze dal premio che stabiliva, ove si avverassero: i Commissari dovettero stupirne; ecco, infatti, le principali condizioni poste da Colombo alle corone di Aragona e di Castiglia. Egli sarebbe

Vice Re,

Governatore generale delle Isole, e della Terra-ferma da scoprire,

Grande ammiraglio del mare Oceano:

Le sue dignità si trasmetterebbero ereditariamente nella sua famiglia per diritto di primogenitura.

Egli lucrerebbe la decima di tutte le ricchezze, perle, diamanti, oro, argento, profumi, spezierie, frutti e produzioni di qualunque sorta scoperte nelle regioni soggette alla sua autorità e asportate di là.

Udendo simili pretensioni, i Commissari sdegnaronsi del suo ardimento: sbuffavano d’ira all’idea che un Italiano, stato così spesso messo in ridicolo o avuto in compassione, mentre get-