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capitolo settimo 201

dolce quietudine, la sua prudenza fu sveglia notte e dì. Siccom’ egli era mallevadore a Dio ed alla Regina delle vite state a lui fidate, così non si scaricava sovr’alcuno della cura di vigilarle. Eccettuate le ore in cui si chiudeva regolarmente per far orazione o recitar l’officio de’ Religiosi Francescani, secondo l’abitudine contratta alla Rabida, egli passava i suoi giorni e le sue notti sul cassero del castello di poppa, vigilando il timone, osservando il mare, l’aria, le stelle, salendo talvolta la gabbia di poppa per vedere più lungi.

Isolato, perché tal era il suo piacere, e così voleva l’etichetta e il rispetto, egli si abbandonava alla contemplazione delle opere del Creatore, che fu sempre, sin dall’adolescenza, il primo godimento del suo spirito, come poi venuto in vecchiezza, diventò la più soave consolazione dell’anima sua: meglio di qualunque altro al mondo sapeva comprendere le indicazioni de’ gran fenomeni, e i muti avvertimenti della natura: egli si trovava in latitudine sconosciuta avanti lui, in cui le influenze dell’aria e delle acque, al tutto nuove, sturbavano la teorica e gli stromenti della scienza nautica. Questa è la parte del globo in cui mutano il colore, l’amarezza, la salsedine, la densità del mare; in cui la costanza della temperatura dura pari alla sua amenità, in cui il grazioso rinfrescar del vento è assiduo in modo da giovar l’uomo nelle sue fatiche e da favorire la serenità del suo spirito. Colombo notava «un mutamento straordinario nel movimento de’ corpi celesti, nella temperatura dell’aria e nello stato di mare». Interrogando continuamente la faccia sconosciuta di questa nuova natura che scopriva, il suo genio procurava di trarre dai fenomeni esteriori qualche rivelazione sul carattere degli spazi che si andava appropriando. I suoi occhi investigavano l’orizzonte: la sottigliezza del suo odorato interrogava i menomi effluvii recati dai venti: ad ogni tratto saggiava l’acqua attinta a diverse altezze, per giudicare della sua temperatura: il suo scandaglio misurava la profondità dell’abisso: sperimentava la direzione e la forza delle correnti oceaniche; raccoglieva avidamente l’erbe, le piante che gli passavano accosto, perocchè ogni cosa poteva diventargli un indizio. Un piccolo gambero marino avviluppato nelle ulve fu