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238 | libro primo |
Il venerdi, 30 novembre, Cristoforo Colombo volle, prima di abbandonare Porto Santo, consacrare col segno della Redenzione, quel luogo, in cui splendeva in modo così particolare la magnificenza del Verbo: comandò ai falegnami de’ navigli di preparare una grandissima Croce, che, il primo dicembre, fu portata in pompa dagli uomini dei due equipaggi sulla principale altura dominante l’entrata del porto: fuvvi rizzata con ogni possibile solennità, e sodamente fissa nella viva pietra.
Sendo la dimane il vento contrario, Colombo potè santificar la domenica accanto al sacro Segno, e prolungare per un’altra intera giornata le caste voluttà della sua contemplazione.
Il lunedì l’ammiraglio fece nella sua scialuppa una ricognizione della costa al sud-est, e scoprì una darsena di costruzion navale indigena, benissimo ordinata in ogni parte. Trovò in essa canotti o batelletti, di un solo pezzo, in cui potevano capire oltre cento persone. La dimane, 4 dicembre, levò l’áncora, e continuò a veleggiare verso l’ovest.
Per lasciare a questa terra un nome significativo, l’ammiraglio, nell’allontanarsi da Cuba, chiamò la sua estremità orientale Alfa ed Omega, il principio ed il fine, perchè l‘a cominciavano le lndie dell’occaso; la finiva l’oriente dell’Asia.
§ V.
Non ostante il suo veemente amore della creazione, Cristoforo Colombo non era un pensatore elegiaco, un contemplatore sterilmente entusiasta della natura. La sua ammirazione del paese, i suoi difficili studi sulla Flora e sulla Fauna di quelle nuove regioni, le osservazioni che andava facendo sul suolo, speranzoso che occultasse oro e pietre preziose, non era ciò solo che occupava la sua potenza di meditazione. Con eguale ardore si sforzava di comprendere il carattere di que’ popoli che fuggivano al suo approssimarsi: non potendo vederli e osservarli li considerava profondamente coll’intuizione, diciam meglio, gl’indovinava.
Diffatti, le sue relazioni cogli individui di que’ paesi furono, sin dalle prime, ciò che avrebbero potuto essere mercè lunghe