Pagina:Cristoforo Colombo- storia della sua vita e dei suoi viaggi - Volume I (1857).djvu/263

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capitolo ottavo 255

naufragata, e una certa quantità di grani da seminare: gli fidò tutte le mercanzie colle quali dovevano procurarsi oro per via di scambi; indi raccomando in particolare i tre ufficiali al re Guacanagari.

Colombo lasciava gli Spagnuoli su quella nuova terra nella condizion migliore che potevano bramare, provveduti in copia di ogni cosa necessaria alla vita, alla sicurezza ed alla difesa, e circondati da amici sotto la protezione di un generoso monarca. Prima di lasciarli, fece ad essi il più commovente discorso che padre facesse mai ai suoi figli. Diede loro consigli ammirabili di preveggenza e penetrazione. Ricordò loro lo scopo glorioso della scoperta, la propagazion della fede; li pregò di studiare la lingua degli Indiani, e di attirarli al cristianesimo coi loro esempi ed il loro insegnamento. In nome dei Monarchi comandò l’obbedienza passiva verso gli ufficiali da lui investiti de’ suoi propri poteri. L’ammiraglio raccomandò loro di avere i maggiori risguardi pel sovrano della contrada, di evitare ogni controversia col suo popolo, di rispettare rigorosamente le donne, di non separarsi mai, di non uscir mai soli, e di dormir sempre nella cittadella; sopratutto di non escire dallo stato ospitaliero del re che gli aveva accolti.

Commove leggere tal sua eloquente esortazione, improntata di una solennità quasi testamentaria, quale ce l’hanno trasmessa gl’istoriografi di Spagna Herrera e Battista Munoz: a ricordare i fatti avvenuti poco dopo, meravigliamo delle previsioni di Colombo, e vi riconosciamo una superiorità di sollecitudine e di penetrazione dell’eventualità, che oltrepassa la misura della prudenza umana.

Il 2 gennaio, l’ammiraglio diede il suo ultimo addio al re Guacanagari. Lo regalò di un’altra camicia; pose al suo collo un monile di pietre d’Africa, sulle sue spalle un mantello scarlatto, a’ suoi piedi calzari rossi, al suo dito un anello d’argento che il re preferiva all’oro, e lo abbracciò con una bontà cristianamente paterna, mentre il sincero Cacico, che già l’amava teneramente, non potendo contenere la sua tristezza, la esprimeva piangendo.

Il venerdì, 4 gennaio, al levar del sole, la Nina, rimorchiata