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256 libro primo

dalla sua scialuppa, uscì dal passo e governo all’est nella direzione di un’alta montagna che l’ammiraglio denominò Monte Cristo. Colombo osservava da idrografo, da naturalista, da poeta; e la sua ammirazione inesauribile per quella natura così armoniosa nella sua esuberanza si manifestò anche nel suo giornale. Due giorni dopo, l’ammiraglio pose alla vela continuando in tutta la sua estensione, verso l’est, il giro di quella costa, di cui tracciava il disegno: si manteneva sempre al largo, a motivo degli scogli: d’altronde, non avanzava gran fatto per diffetto di buon vento. Nel dopo pranzo, il marinaio di vedetta scoprì una vela; era la Pinta che un forte vento d’est spingeva verso l’ammiraglio.

Invano Martin Alonzo Pinzon sperava che l’Oceano coprirebbe, nella propria immensità, la sua diserzione; la Provvidenza lo riconduceva a traverso lo spazio sotto gli occhi del suo capo, in vista della piccola Nina, punto impercettibile nella incommensurabile estensione. Costretto dal vento a raggiungere l’ammiraglio, il capitano della Pinta lo seguì al porto di Monte Cristo, e salì a bordo cercando di scusarsi. Le ragioni che diede della sua separazione erano tutte menzognere, e alcune altresì in manifesta contraddizione. Nondimeno Colombo finse di ammetterle, per tema di aggravare il male; perocchè le due navi erano comandate dai Pinzon, e la maggior parte degli equipaggi si componeva di lor parenti o concittadini. In ogni occasione, sopratutto dopo la scoperta, il primogenito dei tre fratelli gli aveva fatto sentir duramente il suo isolamento e la sua qualità di straniero: sapeva a quali eccessi erano capaci di prorompere l’orgoglio e la rozzezza, irritati dall’invidia. Colombo si contenne, non volendo, dice Las Casas a dar luogo ai tentativi di Satana, il quale cercava d’impedire questo viaggio, come aveva fatto sul principio:» si rassegnò e sacrificò il suo amor proprio, il suo istinto della giustizia, la sua dignità personale, all’adempimento di un dovere più grande de’ suoi diritti.

Associando al suo delitto il proprio equipaggio, Martin Alonzo Pinzon aveva passato sedici giorni all’imboccatura del fiume «di Grazia,» trafficando oro, contra il divieto dell’ammiraglio, e mentr’era sul partire, accoppiando la violenza alla