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356 libro secondo

continuando a navigare all’ovest, alla penisola di Malacca: sarebbe entrato ne’ mari frequentati dagli Arabi, e anticamente conosciuti dai mercanti romani; avrebbe abbordato alla Taprobana, all’isola di Ceylan; sarebbe andato pei mari del Gange e del Golfo Persico sino al mar Rosso; indi, traversato il deserto di Arabia, avrebbe visitato i Luoghi Santi, costante oggetto della sua sollecitudine e del suo eroico ardore: poscia, imbarcandosi a Jaffa, sarebbe tornato in Ispagna, percorrendo nella sua maggiore lunghezza il Mediterraneo. Ma la deficienza de’ viveri, il cattivo stato delle caravelle, lo scoramento degli equipaggi lo costrinsero a ricalcare la strada dianzi fatta.

Colombo non cedette che all’imperiosa necessità. Le sue navi logore dalle frequenti scosse, le sue catene ed áncore guaste dai coralli nel toccare i bassi-fondi, le vele lacerate e mezzo marcie, le provigioni consumate, il biscotto guasto, violentarono la sua risoluzione: bisognò tornare indietro.

In mezzo a questi pericoli, e mentre le caravelle contrastavano coi banchi di madreperle, e coi labirinti di litofiti, in cui le aveva impigliate la sua ardente investigazione degli arcani di natura, il poeta pareggiava in lui il naturalista; e mentre godeva di quegli aspetti pericolosi, dilettavasi de’ profumi che si Spandevano sulle onde malfide.


§ III.


A indennità di sue fatiche, durante il corso di questa navigazione, il contemplatore della Creazione fu invitato a mirabili spettacoli. A misura che trovava le acque profonde e trasparenti delle coste di Cuba, scene animate vivificavano le solitudini dell’Oceano.

Un giorno vide sollevarsi alla superficie de’ flutti una moltitudine innumerevole di testuggini dalle larghe squame, che, simile ad esercito, seguiva una direzione unica, e come sotto l’ordine di un capo andava dirigendosi al nord. Questi strani emigranti si avanzavano regolarmente, e coprivano da lungi il mare: n’era tale l’affluenza che ritardavano l’inoltrarsi delle