Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/133

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condurvi, senza farvene avvedere, a distruggerle da voi stessi. Ma gli artifici di un dialettico ordinario si possono tutti osservare, perché raccolti tra piccol numero d’uomini, in brevi confini e di spazio e di tempo. Un riformator di citta è il dialettico di molte nazioni e di molti secoli. La sua arte è la stessa, ma i suoi artifici si perdono nell’immensitá dello spazio e de’tempi: l’uomo ilei volgo non sa riconoscerne la simiglianza. E quindi è che la dialettica privata rimane con precetti oziosi e, per impotenza di tentar imprese piú grandi, cavillosi; e la dialettica pubblica senza precetti. Quella annoia gli uomini; e questa non riforma piú le cittá. Spintaro. Io, per altro, credo sempre piú accorto Pindaro, che era pittagorico anch’egli, e che, volendo riunir l’idea filosofica della metempsicosi all’idea popolare del tartaro e degli elisi, disse che le anime, dopo aver fatto tre volte il giro da un corpo ad un altro, finalmente andavano in un luogo ove ricevevano le pene dovute ai loro delitti o i premi serbati alle loro virtú. Clima. Ecco quali son sempre gli uomini! Purché si schivi la contraddizione de’ sensi, non si curano della contraddizione della ragione. Se vi è la metempsicosi, non vi è né tartaro né eliso; e se volete credere all’eliso ed al tartaro, perché mai fate fare tre volte alle anime un giro inutile? Era meglio farle passar tutto diritto al luogo de’ premi e delle pene. Ma la faretra di Pindaro era ripiena di dardi veloci e leggieri: il suono, che essi rendono, è udito da pochi sapienti, e sfugge le orecchie del volgo, che ha bisogno d’interprete per intenderlo. «Non diamo agl’iddii cose indegne di loro», diceva lo stesso Pindaro (O. Pittagora, di cui primo e forse unico fine era quello di stabilir la morale, non volea al certo distruggere l’immortalitá delle anime, né quell’altro ordine di cose che solo può confortare i buoni contro gli argomenti, che gli esempi troppo frequenti de’ malvagi fortunati fanno nascere negli animi deboli. Ma Pittagora volea una vita degna dell’anima, premi e (t) Pindaro, olimp. I, 2.