Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/165

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--Non siete voi i padroni della patria? — I cittadini... — Fate che servano a’ vostri piaceri. — Quest’uomo, o Ponzio, sarebbe per certo uno scellerato. — Ebbene, piti scellerato, 0 Cleobolo, è colui il quale va ad introdurre in un paese ignote voluttá. — Bravo! Gli iddíi ti aiutino, Ponzio! — disse Archita. — No, non vi è peste piú terribile della voluttá, né per l’uomo né per la cittá. Considerate un uomo nel momento di un estremo piacere: egli non ha mente, non ha cuore, non è uomo. Componete una cittá di questi uomini: voi vi avrete stupri, voi adultèri, voi tradimenti, voi mille inique tirannie, finché la patria sará oppressa da uno de’ suoi figli istessi, o venduta, o vilissimamente ceduta all’inimico ( 0. La natura ha ispirato a tutti l’amore de’ nostri simili, e questo stesso affetto, unito alle dolci memorie de’ primi anni ed alla lunga consuetudine, chiamasi l’«amor della patria». Perché un uomo non ama un altro uomo? perché desidera piú di quello che il proprio lavoro può procurargli. Perché lo tradisce? per sfrenata e cieca cupidigia, figlia dell’intemperanza sua. Egli vede nel suo simile, non l’amico da cui spera aiuto ne’ suoi bisogni, ma il servo da cui pretende la soddisfazione de’ suoi capricci; e gli ruba prima gli averi, indi le mani, finalmente la vita. La stessa patria diventa ai suoi occhi una preda. E come no? Quella patria, che agli occhi dell’uomo virtuoso è la piú cara di tutte le cose, perché esprime la riunione di tutti gli amici, non esprime ai suoi che la riunione di tutti i servi. Egli dice a se stesso: — Regniamo. — Ma dove troverebbe chi voglia servire, se non trovasse chi si volesse vendere? Una folla di uomini insensati vendono allora la patria al primo die si offre per comprarla, e cosí la piú comune e forse la piú scusabile tra le seduzioni, per le quali l’uomo suol deviare dalla linea del vero e del giusto, diventa la cagione dei piú atroci delitti. (1) Parole quasi simili mette in bocca di Archita Cicerone, De senectute.