Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/188

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amici Archita e Timeo salvarono a gran pena 1» vita, rifuggendosi tra i lucani, e Lisida e tanti altri furon costretti a passar in Grecia. I pittagorici hanno il costume di riunirsi, ciascun anno, in giorno designato ed in assemblea solenne, per lodare gli uomini illustri che nel corso dell’anno istesso sono morti. Questo lodevole costume, giá per l’infelicitá de’ tempi interrotto, è stato, dopo il ristabilimento dell’ordine, ripreso. Il giorno della solennitá è caduto nel tempo appunto in cui si tenevano in Eraclea i concili generali; ed i pittagorici di questa cittá hanno invitati ed Archita e Ponzio e me e tanti altri, che per l’occasione de’concili qui si ritrovavano. L’incarico dell’orazione si è dato, in segno di onore, ad Archita; e costui ha voluto lodar Filolao. Alla punta del giorno, dunque, tutti ci siam trovati riuniti nel museo. Il tempio, nel quale eravamo, vedevasi tutto ornato di festoni di mirto e di ulivo: i pittagorici non adoprano il cipresso (i). Sulla porta leggevasi scritto: NOI CREDIAMO CHE LE ANIME I)E’ SAGGI NON MUOIANO COL CORPO MA CHE SOPRAVVIVANO E SI UNISCANO AGLI IDDÌI. E da’ due lati della sala, in uno leggevasi: LA VIRTÙ E LA VERITÀ SON LA VITA DELL’ANIMA. COLUI CHE LE HA AMATE VIVE IN ETERNO. Dall’altro: COLUI SOLAMENTE DEVE TEMERE LA MORTE CHE MORENDO NON PUÒ SENZA ROSSORE RAMMENTAR COME VISSE. S’incominciò colle preghiere agl’iddii. Si brugiò dell 1 incenso sull’altare, che era nel mezzo della sala. Indi segui una musica atta ad ispirare il raccoglimento e quella tristezza, che non avvilisce l’animo fino al pianto ed ai lamenti donneschi, ma solo (i) Diogene Laerzio.