Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/190

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Quale è il premio della virtú!... Giovani che qui siete, a voi indirizzo il mio discorso: per noi vecchi, guai se finora non l’abbiamo ancora compreso! Volete voi saperlo qual sia questo premio? Non vi aspettate che io vi proponga comandi militari, magistrature sublimi, favore dei suoi concittadini, lunga e tranquilla vecchiezza; beni tutti che si debbono alla virtú, che la virtú talora ottiene, ma che dipendono dalla cieca fortuna. Non può appartenere alla virtú ciò che non è eterno com’essa. L’errore piú funesto, in cui gli uomini possan cadere, è quello di credere che la virtú non abbia altro che questi miserabili premi a sperare; e, quando avvien che per l’infelicitá de’ tempi essi vengano a mancarle, gli uomini si perdon di animo ed abbandonano una virtú che vedono perseguitata dalle sventure. Ma, se le vostre menti si avvezzassero a discernere il vero, voi vedreste che tutti quei doni senza la virtú sono un nulla; che sono funesti all’uomo che non sa usarne; e che la virtú ha un altro premio in se stessa, e piú certo e piú grande, che basta solo a renderla felice. Sarete voi eternamente fanciulli, e crederete come i fanciulli che una medicina, la quale non sia raddolcita dal mèle, non abbia in sé veruna utilitá? Quindi è che, invece di rivolger in mente quegli esempi di virtú fortunata, che vi presentan le vostre bálie, le quali par che cosí vi allettino alla virtú, ma in realtá ve ne allontanano, perché vi ammolliscono e vi tolgono quella energia e quel coraggio, senza di cui non vi è virtú costante e vera, io amerei che voi rammentaste ogni giorno gli esempi di coloro, i quali, costanti, tennero la virtú tra le piú dure miserie, e non furon mossi né da minacce né da’ doni di popoli o di re, né dalla stessa morte; ed allora vi crederò veramente virtuosi, quando riconoscerò in voi il coraggio necessario a disprezzar quei mali che le femminucce temono, e la sapienza atta a riconoscere in mezzo ai medesimi la felicitá segreta ma immensa, di cui gl’iddíi non defraudan mai la virtú. Si è detto dagli antichi che non vi è spettacolo piú grato agl’iddii dell’uomo virtuoso che lotta coll’avversa fortuna: io vi aggiungo che non vi è esempio piú utile agli uomini.