Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/196

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— Ho temuto i mali della vita. — ’Se essi erano insoffribili, producevan la morte; se non la producevano, erano soffribili. — Ho temuto la infamia. — Tu anzi ci sei incorso, perché è questa l’unica volta in cui hai ceduto al volgo. — Credetemi, miei amici, non sarebbe tanto facile rispondere a quel giudice quanto lo è rispondere agli eracleesi. Che altro gli potrei dire io che opinioni? Imperciocché opinioni sono tutti i mali e tutti i beni, i quali mi potrebbero muovere a trasgredire i suoi decreti. Tutto ciò che avviene mentre sediamo qui ragionando e che tanto sconvolge le vostre menti, ditelo voi stessi: non è tutto fuori di me? Fuori di me sono e quella morte che mi si minaccia e quei tormenti i quali altro non posson fare che darmi la morte: io non sento nulla. Quando tutto ciò sará in me, io sarò beato. — Perché, dunque — mi potrebbe dire il giudice eterno, — vai tu a ricercar fuori di te que’ mali che io non aveva per te destinati, e perché vieni a darmi per ragioni della tua disubbidienza que’ mali che tu stesso ti hai fabbricati? — GPiddíi ci han dato tutto per esser felici, dandoci la sapienza !>er distinguere ciò che è in noi da ciò che è fuori di noi («). Tildi ci hau data la vita per la virtú, unico fine a cui gli iddii ordinano tutte le cose. Quando cessa in noi l’obbligo di vivere? «piando non rimane neppur la speranza di poter dare agli altri un esempio di virtú. Ma noi uomini non vediamo questo fine unico, che gl’iddii si han proposto nell’ordine di tutte le cose; non intendiamo perché tante volte faccian soffrire gl’innocenti e ricolmino di apparenti felicitá gli scellerati; e molti dicono che la giustizia degl’iddii sia tarda, molti che essi non ne abbiano alcuna. Gli uomini sono pronti alla vendetta, perché temono sempre che l’offensore sfugga il loro braccio. Gl’iddii. al contrario, dalla (1) Questa fu anche la massima fondamentale degli stoici. Vedi Epitteto, Manuale. \