Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/221

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luogo tiene Sofrone, i di cui mimi io porto sempre meco ( 0. Sia dunque un poeta che dia consigli ai suoi fratelli. — Cosí dicendo, trasse dalla tasca il libro e lesse: «Un antico proverbio dice che non si fanno carmi senza vino (-); ed io, o mio figlio Senarco, ti dico che non si fanno bei carmi senza mente e senza cuore. Quello spirito, che anima i poeti e che vien dal cielo, è simile alla rugiada del mattino, che brilla al pari delle perle, se cade sulla collina smaltata di erbette odorose e di fiori; ma, cadendo nella valle limacciosa, si unisce alla polvere e diventa vilissimo fango. «Candido era il core di Dafni, di quel Dafni che oggi vede dall’Olimpo aggirarsi sotto i suoi piedi le nuvole e gli astri, e che, primo ne’ monti di Sicilia, ottenne da Pane la siringa cd insegnò all’Eco a ripetere altri suoni che i belati delle agnelle ed il muggito dei tori. Prima di lui, i pastori seguivano il loro gregge soli, taciturni, diffidenti l’uno dell’altro; c, se talvolta incontravansi, si guardavano e poscia oltrepassavano, come uomini che nulla avessero che dirsi. Dafni fu il primo che li invitò nell’ampia sua grotta, quando, la sera, cransi le greggi rinchiuse; ed ivi divise con loro le frutta che egli stesso avea raccolte, ed il mèle che le sue api avean fabbricato, ed il vino delle viti che Bacco avea insegnate a coltivare. Negli ardori intollerabili di un mezzogiorno di estate, egli il primo offri a coloro che passavano l’ombra dei platani fronzuti, che avea piantati attorno alla sua grotta. — Questi doni ce li han dati gli iddíi — diceva Dafni, — i quali sono padri di tutti gli uomini, e voglion che i loro doni sieno vincoli di amicizia comune. Dafni cantò gl’iddii, cantò la ridente primavera, il pomifero autunno, cantò l’amicizia, cantò l’amore. Gli altri incominciarono a ripetere i canti di Dafni e ad imitare le sue virtú. (1) Quintiliano dice che, quando Platone mori, si trovarono sotto il suo guanciale questi mimi. Erano del genere de’ nostri «sermoni» satirici. (2) Fragmenta r et erutti comtcorutn Craecorum.