Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/227

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Facemmo a lentissimo passo il giro di tutta quella pianura, arrestandoci specialmente sui nuovi edifici, che ben tre volte i sibariti avean tentato costruire per risorgere dalla prima sciagura. Vane cure! La vendetta degl’iddii avea steso il suo braccio potente sopra questo angolo della terra, e vi accatastava rovine sopra rovine. La maledizione, pronunziata una volta sopra i suoi abitanti, si estese da generazione in generazione, finché non furono tutti dispersi sulla faccia della terra, ed il nome di Sibari come polvere dissipato! — Questi fiumi — disse Platone — continuano a portare le loro onde al mare, e Sibari, che li dominava, non è piu. Qual paragone tra le opere della natura e le opere dell’uomo! Ma le prime non devian mai da quelle leggi che forman la loro essenza ed il principio della loro vita; le seconde par che non usino della vita se non per infrangerne le leggi. I sibariti aveano spinte alla perfezione tutte le loro arti. Una veste lavorata in Sibari, e che oggi adorna la statua di Giunone in Cartagine, fu comperata per centoventi talenti (*). J1 lusso di tutte le altre cittá riceveva l’alimento e le leggi da Sibari. Da Sibari aspettavan le donne di tutte le altre regioni la norma per comporre i loro cappelli, per disporre i loro veli; ed in nessun’altra cittá a tali frivolezze si dava studio maggiore che in Sibari. Una donna sibarita non poteva esser invitata ad una festa, ad un convito, se non un anno prima: tanto tempo richiedeva il poter brillare tra altre donne, e per pregi non suoi, un giorno solo! Le leggi furono spesso ingiuste coi savi magistrati, che avean custodito il pubblico costume; i cittadini obbliarono i valorosi capitani che avean difeso cd ampliato l’impero; ma i cuochi non furono né obbliati né trascurati mai, e qualunque tra essi aveva inventato un nuovo genere di golositá, era sicuro di ottenerne e premio ed onore ( 2 ). Ma i sibariti, mentre tanto curavano tutte le arti per abbellir la cittá, (1) Ateneo, XII. L’artefice fu un tal Alcistene. (2) Ateneo, XII, 6. I sibariti sono pure gl’inventori delle stufe, e dicesi anco degli orinali.