Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. I, 1928 – BEIC 1793340.djvu/262

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non facciamo che riflettere sulle nostre sensazioni; e le sensazioni sono operazioni nostre. Mentre osserviamo, quasi imitiamo ciò che ci pare di osservare; e quelle cose noi piú facilmente osserviamo, che sappiamo con maggiore speditezza imitare. Non e l’occhio dell’artefice quello che scopre nell’opre dell’arte sua maggior numero e di bellezze e di difetti? Chi è piú atto a conoscer le grazie dell’altrui canto? colui che sa meglio cantare, che sa meglio imitarle. Or, per imitare il canto, è necessitá aver nell’orecchio e nella voce alcune disposizioni, le quali o ci sono donate dalla natura o si acquistati per arte. Per dono della natura l’hanno pochi: l’arte è quella, la quale, osservando gli effetti di tali doni in coloro che l’hanno, insegna agli altri ad imitarli, supplendo alla generositá della natura colla propria industria. L’arte ha reso comune ciò che in origine era di pochi; l’arte, rendendo piú facile l’imitazione, ha resa piú generale l’osservazione; questa ha scoperte nuove bellezze; e cosí l’arte ha eguagliata e spesso anche vinta la natura. Ora questi artifici eran piú difficili a scoprirsi nella pittura che nel cantoni). Difficile era sopratutto conoscer l’effetto del lume, distinguer la varia sua forza, la sua varia direzione; ed i diversi oggetti che imitar si volevano, disporre in modo che ora piú vicini ora piú lontani apparissero, ora piú chiari ora piú oscuri, e ti dassero, con la discorde concordia di tutte le parti, un’armonia, che l’attenzione, senza mai stancarla, tenesse continuamente desta, e l’animo, senza distrarlo, di molte cose nel tempo stesso occupasse. Avete voi mai veduto, o giovani, il quadro in cui Zeusi ha dipinto Ercole bambino che strangola i serpenti mandati a lui dalla gelosa vendicativa Giunone? (2). Egli ha dipinto il divino bambino in culla e che ha giá vinto. Li serpi son distesi a terra: (1) Forse questo non è interamente vero. Ma avvertasi che parla un pittore, e che ciascuno crede Iarte sua la piú difficile di tutte. Il celebre ballerino francese Marcel sosteneva che l’ingegno di un ballerino era superiore a quello di un generale di armata. (2) Plinio, 1. c.