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VII - DI CLEOBOLO 31

questi ai tarantini a piú mercato e comprano le manifatture piú care. Alla forza, perché, essendo piccoli, divisi, non possono, nemici, dare alcun timore, ed amici, possono accrescergli molto di forza. I crotoniati, i locresi, i reggini, i turii confinano coi lucani, nazione potente e numerosa, che ha i suoi interessi propri e la sua particolar ragione e di pace e di guerra. I tarantini confinano coi turii, coi messapi, coi salentini, cogli appuli, popoli piccioli, i quali non possono far altro di meglio che servire ad una nazione piú grande. I tarantini li contengono colle forze proprie e coll’amicizia de’ lucani e de’ sanniti, nazioni potenti, non gelose, perché lontane, ed amiche dei tarantini, perché due potenti, i quali non sono gelosi tra loro, si riuniscono sempre, quando vi sieno le spoglie di un altro da dividere.

Tali sono i principi coi quali Archita ha elevato Taranto al primo grado di grandezza tra tutte le altre cittá di questa parte dell’Italia. Ma egli non si è rimasto a questo, ed ha creduto che nulla si sarebbe fatto, se alla superioritá dell’impero non si fosse aggiunta anche la superioritá della mente e della sussistenza.

Ti narrerò ciò che egli su questo proposito mi ha detto. — Taranto si crede fondata da Tara, che era un guerriero tíglio di Nettuno1. Voi ateniesi avete della vostra origine una

  1. PAUSANIA, in Phocicis; SERVIO, Ad Aeneidem, III, 551. Tra l’epoca favolosa di Tara e l’epoca di Falanto, la regione tarantina è stata, dicesi, posseduta da una colonia cretese, che venne a stabilirsi in Italia circa due secoli prima della guerra di Troia. MAZZOCCHI (Ad tabula in Heracleensem, p. 93 sgg.), il quale crede di vedere in Tara un figlio di Noè, riconosce ne'cretesi quei cerctei, a’quali fa dir la Bibbia; «Nos sutnus qui fugimus a farie Iosuac latronis». Cosí era piú facile segnar l’epoca degli avvenimenti che dimostrarne l’esistenza. Questi cretesi andavano in cerca di Glauco, che si era gittato in mare, e poi divenne una divinitá. Essi lo cercarono sulle prime in Sicilia; ma furono scacciati da quei popoli, che non lo conoscevano. Minos, loro capitano, vi perdé la vita. Iapige, suo figlio, si rivolse con miglior fortuna in Italia; non pensò piú a Glauco, e si stabili in quella parte della medesima, cui impose il proprio nome. Questo ci narra STRABONE, VI.