Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/106

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supera l’insetto che si striscia in quello stesso suolo sul quale l’uomo superbamente cammina! Or chi mai, tra tante e si dense tenebre, dará alla nostra mente la face? chi le dará il volo ardito e lo slancio impetuoso col quale l’aquila trascorre l’immensitá dello spazio? Essa ha giá riuniti in un istante solo i due estremi della linea infinita che ha scorsa; e lo spettatore, attonito, dimanda ancora a se stesso s’è vero che ne abbia scorsi tutt’i punti che son tra mezzo. Chi potrá innalzar di nuovo l’anima fino alle veritá le piú sublimi se non quel furore, celeste dono degl’iddii, al quale non vi è sapienza umana che si possa preporre? Per te, o furor santo, la intemerata vergine di Delfo e le venerande sacerdotesse che stanno in Dodona da tante e si gravi sciagure hanno liberata la Grecia, di tanti e si grandi beni l’hanno adornata. Per te, contro le infermitá ed i grandissimi travagli, che alcune fiate, per lo sdegno degl’ iddii, soprastano al capo de’ mortali, si rinvennero e voti e sacrifici efficaci, onde, purgate le menti, ogni pericolo fu vinto e fugato. Con te le muse, ornando un’anima ancor tenera ed intatta, la riempiono, la inebbriano di quel canto sublime, onde si alluminano, per ammaestramento de’ posteri, le infinite opre degli antichi. Il furore del vaticinio ci vien da Apollo; dal padre Bacco quello de’misteri; il furor de’carmi è dono di Venere e delle muse; e da te, o Amore, viene il furor del bello, piú santo, piú forte, piú utile all’uomo di tutti gli altri furori. Imperciocché cogli altri o evitiamo que’ mali o otteniamo que’ beni che talvolta ci minacciano, talvolta ci promettono gl’iddii quasi pene o premi di alcune azioni che talvolta sono nella vita nostra; ma il furore di amore è necessario sempre in tutta la vita. Non si può vivere senza amare. Se ogni altro furore gl’iddii c’inspirano per renderci fortunati, il furor di amore è indispensabile ad esser felici. Né è vero ciò che di te si narra, o Amore: che tu fosti discacciato dal convito degl’iddii qual padre di eterne discordie, e che, recise le ali, Giove ti costrinse a cader giú dall’Olimpo