Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/131

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amaramente per aver negata a questo popolo la sussistenza, perché lo avranno cosí avvezzato a rapirla. Quei nostri i quali abitan la Campania, divenuti mercatanti, obbliano di esser sanniti. Quando si tratta di angariare gli altri popoli per loro guadagno, non riconoscon la nazione; ricorrono però a lei ogni volta che lo sdegno degli altri popoli minacci loro qualche pericolo. Le nazioni vicine spediscon legati al concilio generale, ed il concilio non sa che debba fare: se vuol render giustizia ai vicini che la reclamano, i capuani, i cumani, i nolani non ubbidiscono; se risponde ai vicini che queste cittá non ubbidiscono, i vicini si credon scherniti, perché non possono intender come mai popoli dello stesso nome e della stessa lingua sieno nel tempo stesso indipendenti dalle leggi generali e protetti dalle forze comuni W. I nostri fanno la guerra, la pace, le alleanze, il commercio, ciascuno a suo modo ed a conto suo: i soli errori vanno a conto di tutti. Ed io temo non un giorno questa condotta rompa quel debole legame che ancora ci unisce, armi i sanniti contro sanniti, e le nazioni vicine, sdegnate dalla nostra politica e forti per le nostre divisioni, finiscano coH’opprimerne tutti<*).— (1) Questo appunto, presso Livio, dicevano i legati di Roma. (2) Questo è quello che si avverò neirafiare di Capua.