Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/185

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e durevole felicitá non dalle cose che son fuori di noi, ma da quelle sole che sono in noi si deve sperare. Questa legge gl’iddíi han dettata egualmente agli uomini ed alle cittá. Il volgo, vedendo le vittorie e la grandezza di un popolo, ammira la di lui fortuna; ma il savio ne riconosce e rispetta la virtú. Imperciocché della virtú sono effetti i saggi e forti consigli in guerra ed in pace, e quella costanza, che può sola render efficace un ottimo consiglio, che sola può vincer la fortuna, ma che non si può sperar mai da quel popolo, i consigli del quale sono dominati e turbati ad ogni istante dalli piccioli calcoli del presente e dalle passaggiere passioni di pochi potenti. E non dirò giá che gli uomini del Sannio non abbiano ancora molte virtú, coraggio, amor della fatica...; insomma gli avi nostri potranno non applaudire in tutto ai loro nipoti, ma, lode agl*iddii ! non ancora li abbiam ridotti alla necessitá di doverne arrossire. Ma le virtú de’ privati non sono altro che passioni: i solí ordini pubblici posson farle diventare vere virtú. La natura non dá che energia; energia di agire, energia di resistere. Ma ambedue posson produrre e grandi vizi e grandi virtú, secondo che lo scopo, al quale sono dirette, sará nocivo o utile alla nazione intera. Se la legge rivolge la cupiditá dell’uomo armato contro Tinimico, formerá de’suoi armati tanti eroi; ne formerá tanti assassini, se la rivolgerá contro gli stessi concittadini. Ove dunque non vi son leggi, non vi può esser virtú, perché le leggi solo possono fissarne quello scopo universale a cui deve tendere tutta l’energia de’ privati; non vi è vera virtú ove la cittá è corrotta ú). Ma non si può egualmente dire che, ove non vi sien leggi, non vi sien neanche vizi : perché, se non vi è energia ne’ cittadini, tutto lo Stato cadrá in languore, e vi sará il piú funesto de’ vizi, quello che produce la morte; se qualche energia vi è, non essendo dalle leggi diretta in modo che produca il bene colla concordia, produrrá necessariamente la discordia, e, non potendosi rivolgere contro l’inimico, lacererá le viscere della propria patria. Ed io credo, e fermamente credo, che i popoli, (1) Poruio ritorna sempre alla stessa idea che espose nel discorso del voi. 1.