Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/25

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  • verde ’?... Credete voi che essi sicn tanti quanti ne nominiamo?

Noi ne mescoliamo due o tre, e ne produciamo degli altri; ma quegli stessi, che noi crediamo semplici, sono giá composti dalla natura, le di cui arti son piú sottili ed i mezzi piú potenti de’ nostri. Essa non ne conosce che quattro; e questi stessi non esistono giá nei corpi che noi chiamiamo ’colorati’, ma sono diversi raggi della luce e diversamente mossi, che dagli oggetti si rimbalzano sulla nostra vista. Queste cose ci sembrano oggi incredibili, tra perché noi non sappiamo ancora scomporre que’ colori che crediamo semplici, quel fascio di luce che ci vien dal sole; tra perché non diamo mai pieno assenso alla veritá di ciò che non possiamo imitare e quasi confermare colla sperienza. Ma forse verrá un giorno, e qualche dio o qualche uomo piú favorito da Dio alzerá quel velo che ancor ricopre i segreti della naturai). «Tutto dunque nel mondo sensibile è apparenza, tutto è illusione; e la vita dell’uomo non è che nella sua mente. Ma quell’istesso eterno architetto, che ha data all’uomo una mente atta a conoscere il vero, ha poscia dato a questa mente un corpo, quasi organo a poter sentire quelle illusioni che pur producon piaceri, e quasi istrumento dell’anima a poter esercitare quella virtú che sola può formare la nostra felicitá. L’uomo è la piú bell’opra della divinitá: l’uomo che pensa è la prova della di lei intelligenza; l’uomo che sente è la prova della di lei bontá; e l’uomo virtuoso... l’uomo virtuoso è simile a Dio». Qui Timeo, dopo breve pausa, incominciò a parlare dell’uomo, la di cui esatta cognizione comprendeva, a dir di lui, la cognizione della natura e di Dio. Parlò delle parti che compongono il suo corpo; parlò del cervello, sede di quell’anima che partecipa della natura del «sé», cioè della ragione; parlò del cuore, sede dell’altra anima il di cui carattere è l’irascibile, ed è quasi il campione della prima; e del fegato, ove risiede (1) Questa profezia, che Newton ha dopo duemila anni verificata, non trovasi in Timeo, ma belisi in Platone. Timeo dice solo che i colori non esistevano ne’ corpi e che molti erano composti.