Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/250

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tempo non cesso di dire ai miei compagni : — È forse col pianto che si restauran le cittá? — Il rammentar tra le sciagure l’antica prosperitá sará forse un conforto ai miseri, ma un conforto funesto, perché suole maggiormente invilirli in quella indolenza dalla quale ripetono tutte le presenti sciagure. Forse non è meno funesto ai miseri rammentar troppo l’antica gloria che ai felici l’obbliarla: questi obblian cosí le loro virtú, quelli piú non rammentano i vizi loro. Fummo grandi, cioè fummo virtuosi: oggi siam piccioli, siam dunque divenuti viziosi. Rammentiamo le cagioni per le quali abbiam cessato di esser grandi, rammentiamo i nostri errori e li vizi nostri: questa memoria ci sará piú utile di quella di una felicitá della quale ci siamo resi indegni. Sappi dunque che un tempo tutta 1* Italia è stata abitata da un popolo solo, che chiatnavasi etrusco. Grandi e per terra e per mare eran le di lui forze; e, de’ due mari che, a modo d’isola, cingon l’Italia, uno chiamossi, dal nome comune del popolo, Etrusco, l’altro dal nome di una di lui colonia, Adriatico <*). Antichissima è l’origine di questo popolo; le memorie della sua gloria si confondono con quelle de’ vostri iddíi e de’ vostri eroi. Ebbe guerra cogli argonauti (*>: nell’etá di Ercole, a suggestione di Admeto, figlio di Euristeo, rapi da Samo il simulacro di Giunone (3), e prima di queste etá aveva avuta guerra con Bacco (4). Ma chi potrebbe dirti tutto ciò che gli etrusci oprarono nell’etá de’ vostri eroi e de’ vostri iddit? Oscuritá c favole coprono le memorie di que’ tempi. Posso dirti però che gli etrusci estendevano il loro commercio fino all’Asia (5); signoreggiavano tutte le isole che sono nel Mediterraneo, ed anche quelle che sono (1) Livius; Diomsius Haucarnasskus, j; Strabo, v; Diodorcs, vi; Poli hius, II. (2) Guárnacci. (3) Athenaeus, xv. (4) Guarnacci. ( 5 ) Per non moltiplicar inutilmente le citazioni mi rimetto sempre all’opera di Guaknacci, ed alle Lettere sull’agricoltura degli antichi italiani , inserite nella Biblioteca di campagna del mio amico Gagliardi.