Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/308

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Persuasi una volta di queste veritá, noi incominceremo ad eliminare dalla nostra storia tutto ciò che evidentemente deriva da questo spirito poetico e rettorico; né ascriveremo con ridicola gravitá tra i dogmi filosofici e tra’ precetti governativi quelli motti che forse non sono stati che motti di spirito. Non ascriveremo, come fa Brukero, tra i dogmi di Teofrasto quello che l’anima risieda nelle sopracciglie. Non metteremo, come fa Diodoro siculo, tra le leggi di Caronda anche quella con la quale si dichiara infame un uomo il quale passi a seconde nozze. Non crederemo ciò che lo stesso Diodoro ci narra della corda al collo e della pena di morte contro chiunque proponesse una legge la quale non fosse poi approvata. Ma tutte queste ciarle ridurremo al loro giusto valore, e vedremo esser impossibile che un filosofo acutissimo qual era Teofrasto metta la sede dell’anima nelle ciglia. [Qui il Cuoco congettura diffusamente qual significato plausibile si possa dare al motto attribuito a Teofrasto; quale ancora alle leggi attribuite a Caronda ( 0 ; indi continua:] La storia antica della filosofia e della legislazione (la quale in fondo rassomiglia molto alla filosofia) è piena ancora di maggior numero di errori che non si crede, perché non si è avvertito abbastanza a quello che [gli antichi] dicevano, e non si è distinto il motto dal dogma e dalla legge. Plinio, per esempio, narra la storia del platano, e dice che questo bell’albero è stato trasportato dalla Sicilia in Italia, e che gl’italiani ne han fatto un dono alle provincie, e specialmente alle Gallie, «le quali oggi pagano un tributo anche per l’ombra». Era facile veder nelle parole di Plinio un tratto di spirito. Ma si è creduto che avesse detta una veritá, e si è stabilito anche da uomini dottissimi che le provincie romane «pagavan tributo anche per l’ombra». Di rado noi riflettiamo che gli antichi adopravano al pari di noi l’ironia, la satira, la e crediamo che parlino sempre didascalicamente. E, quando si desse a molte parole il giusto loro (i) Con minore diffusione queste congetture ritornano nel programma di un corso di legislazione comparata, del 1805. Cfr. Cuoco, Scritti vari, ediz. Cortese-Nlcolini, I, 329-30 [Ed.]