Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/56

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usiamo nelle altre cose della vita, e pel quale l’uomo, che ha delle cose superflue, le dá ad un altro che ne manca, e vi sono de’ raccoglitori delle cose altrui, che poi rivendono a pubblico uso. Tali sono i saggi nelle belle arti : nulla di bello producono mai da loro, ma raccolgono in uno stesso oggetto e presentano sotto un medesimo punto di vista quelle bellezze della natura, che, divise, non sarebbero visibili che a pochi. Cosí Fidia, quando volle scolpire Giove, riuni le sensazioni di Omero alle sue e formò quel sopracciglio con cui il pad^e degli uomini e degli dèi fa movere le nuvole. Talora gli uomini si prendon cura di trasportare ad un senso i piaceri di un altro; e questa è per noi grandissima sorgente di diletto, perché accresce l’esercizio delle funzioni della vita. Tutte le arti, senza questo segreto, sarebbero rimaste ancora bambine. Colui, che dipinse la figura di un corpo, fece il primo passo nella pittura; ma, finché si rimase alla figura ed al colore, noi non avemmo che i soli piaceri degli occhi. Un altro venne, e rese quel colorito cosí pastoso e cosí morbido che ti parve di toccarlo (gli uccelli corsero a beccare i frutti dipinti da Parrasio): ecco aggiunti ai piaceri della vista anche quelli del tatto. La figura era giá dipinta, ma era muta: un terzo te la fece parlare, ti parve udir la parola uscir da una bocca con arte inarcata, ti parve legger negli occhi il cuore; un monumento che Pera vicino, le altre figure che accompagnavano il personaggio principale, il gesto, gli sguardi ti fecero ricordare il passato e talora prevenire il futuro; e cosí pochi tratti di colori posti sopra una tavoletta ti diedero i piaceri di molti uomini e di molte etá. Allora l’incantesimo delle arti fu intero. Ma, per esprimere tutte queste armonie, è necessario che gli artefici adoprino alcuni mezzi: suoni, colori,..; ed il mezzo, che si adopra, deve essere esso stesso armonico, perché anche esso tiene un’armonia a sé particolare, e mal si esporrebbe l’armonia di una cosa con altra che armonica non fosse. Invano, se con suoni discordi tu laceri il mio orecchio, invano poi tenterai dilettarmi con quelle imitazioni che sono l’oggetto