Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/66

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finestra che sporge sul mare, abbandonato a quell’amabile rotar di pensieri che produce in noi il quasi ritmico rumore dell’onde che si rompono tra gli scogli. La notte era stata un poco tempestosa. Il cielo non era piú coperto di nuvole, ma non ancora potea dirsi sereno, e la luce veniva dal sole piú dolce tra le nubi e le piante che ancora gocciavano acqua. Gli alberi, l’erbe, i fiori aveano acquistato un colore piú vivo e piú lucido... Io era assorto in questo spettacolo; ed ella mi stava alle spalle taciturna... La vedo, e mi metto ai suoi piedi, siccome un momento prima mi era inginocchiato all’apparire del sole nascente; ed : — Oh! — le dissi — oh ! tu, che sei luce, vita, tutto per me, tu sola mancavi a compir quest’immenso quadro di bellezze che la natura spiega ai miei occhi!... — Ella sorrise, mi rialzò, e cangiò in un istante di aspetto. Un istante prima io avea creduto veder scintillare ne’ suoi occhi la pietá : non avea pronunziate che poche parole, e la pietá era passata. E che pensi tu che mi abbia detto, o Platone? — Tu credi che tutto nella natura sia messo per dilettare i sensi. Questa mattina, che tragge gran parte delle sue bellezze dalla tempesta che l’ha preceduta, questa mattina non ti rammenta qualche infelice a cui essa possa costar qualche lagrima e che possa aver bisogno del nostro soccorso? Ogni piacere, che la natura offre ai nostri sensi, spesso non è che un ricordo di nuovi doveri al nostro cuore ; compiamoli, ed il cuore otterrá un nuovo piacere e maggiore. — E qui mi parlò de’ pescatori che nella scorsa notte avean dovuto molto soffrire, e mi dipinse il loro misero stato, esposto alti capricci del mare ed a quelli degli uomini, piú insensibili del mare d>, e mi disse che essa avrebbe desiderato soccorrerne taluno, che... Ed io son volato al suo soccorso. Oh virtú! virtú! E qual forza di destino fa si che nella bocca della piú bella tra le creature tu sii nemica del piú soave tra gli affetti umani? (i) I pescatori sono stati sempre la classe forse la piu misera di tutte le nazioni. Quelli di Taranto c dciruna c dell’altra Grecia erano simili al nostri, miserabili, spogliati dagli specolatori, maledetti dai compratori, insultati da tutti i comici, oppressi da tutte le leggi annonarie. Vedi Ateneo, vi, passim.