Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/78

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piace: bella cittá, mediocremente popolata, meno decaduta di Canosa, di Arpi; mi si dice che sia anche piú grande di Luceria, che io ho lasciata sulla mia sinistra, e di Siponto, che mi è rimasta sulla dritta, alle falde del Gargano; ha un bel teatro, il sito che occupa è deliziosissimo <0. Tutto bene, ma non credo poi a tutto quel dippiú che l’amor della sua gente fa dire a Cluenzio. Il territorio de’ frentani, rinchiuso tra il Frentone ed il Trino (ed estendiamolo pure dal Frentone ad Ansano) io credo che non si estenda, nella massima lunghezza, piu di cinquecento stadi; la larghezza non eccede li duecento. I sanniti, loro alleati, fanno con essi da padroni, ed estendono la loro influenza fino a Luceria, ed anche piú in lá (*). Un tempo si disputerá sull’esistenza di tutti questi popoletti, perché si cercheranno invano le loro azioni; si disputerá sui loro confini, perché si cercherá invano il loro imperio: alla memoria de’ posteri non passerá che il nudo nome. Dopo il Tiferno il suolo cangia interamente di aspetto. Non piú pianure, ma neanche monti; sono colline messe dietro altre colline, che si vanno a poco a poco innalzando quasi mezze proporzionali tra le basse pianure, che sono al livello del mare, e le nevose cime del Matese, che tu incominci a vedere appena sei fuori de’ confini della Daunia, e che vedi sempre presenti in tutto il tuo cammino, formanti, insieme coi monti de’ peligni, una corona che compie il gran quadro all’occidente. (i) Gli edifíci dell’antica Latino sussistono ancora in parte. Ai tempi nostri vi si vedevano gli avanzi delle terme, di un pretorio, di un anfiteatro, di un tempio di Marte, di un altro di Giunone Feronia, ecc. ecc. Di poche cittá antiche sono rimasti piú monumenti, in paragone della loro grandezza; ché poi Larino non era grandissima. Ma di tali monumenti non si è avuta veruna cura. Chi scrive li ha visti rovinare di anno in anno, senza che né ai larinati, né al vescovo, che pur dovrebbe essere un uomo di qualche cognizione, né al duca di Larino, che pure ha quarantamila scudi all’anno, sia mai venuto in mente che il custodirli potesse esser utile e glorioso. Tra pochi altri anni appena sene leggeranno le memorie nella Storia di Larino di monsignore Tria, da cui le descrizioni soti fatte malissimo. Almeno il marchese del Vasto facesse pubblicare un libro prezioso, che egli conserva nc’ suoi archivi: Varie memorie e disegni di cose antiche di cittá e luoghi delle provincie di Apruzso dira ed ultra . Que’ luoghi aveano due secoli fa molti monumenti, che ora sono rovinati o ignorati. Vedi Giustiniani, loc. cit. (a) Livio.