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LXXIII. — Nuovo Banco delle Due Sicilie (nn. 344 e 433, 24 febbraio 1.809 e 3 gennaio 1810).

Gli antichi banchi della cittá di Napoli, viventi fin dal secolo decimosesto, * non producevano che il solo vantaggio della conservazione della moneta e della facilitazione della contabilitá: non attivavano la circolazione, perchè, ristretti alla semplice operazione della custodia del deposito, non raddoppiavano la specie. Poco o nulla, dunque, influivano sul progresso dell’industria e del commercio. Negli ultimi tempi incominciarono a somministrar denaro; ma ne venne piú male che bene: nè poteva essere diversamente. Era questo uno snaturare i banchi, i quali erano istituiti con altro disegno. Nelle istituzioni politiche avviene come nelle meccaniche: le macchine son buone solamente per quello scopo per cui furon fatte. Nel darsi il denaro, si curava piú la sicurezza del credito che il progresso dell’industria: si dava ad un ricco possessor di fondi, che lo dissipava, e si negava all’industria manifatturiera, che lo avrebbe restituito. Che ne doveva avvenire? A lungo andare, il denaro uscendo sempre e non tornando mai, il banco si dovea trovare colle rendite accresciute ma coi capitali diminuiti, ed in conseguenza fallito, perchè, a pagar i suoi creditori, eran necessari i capitali e non giá le rendite. Questo disordine divenne grandissimo quando il governo di Ferdinando quarto, dopo essersi esaurito tutto il numerario, fu nella necessitá di moltiplicar le carte vòte. Né allora valse a sostener la pubblica fede il capitale considerabilissimo di beni stabili che li banchi possedevano, perché, come dice Montesquieu, i fondi suppliscono al denaro quando facilmente si possono convertire in esso. Quanto piú vi è di denaro, tanto piú facilmente i fondi vi suppliscono: se il denaro manca e se, oltre di mancar il denaro, manca anche la fede,... i fondi non vi suppliscono piú. Galanti, in alcune sue Memorie dite, racconta che non potè mai convincere di tali veritá il marchese Simonetti, che nel 1794 fu primo autor del disordine de’ banchi. Quando anche egli ciò non dicesse, si vedrebbe chiaro, dalle operazioni che fece per sostenere i banchi, che giá vacillavano. Tutte quelle operazioni non erano altro che fallimenti prolungati, cioè resi piú dannosi». LXXIV. — La festa delle bandiere inaugurate il 26 marzo (n. 353. 28 marzo 1809). «Quello tra i popoli piú può, che piú crede di potere. La negligenza del valor militare diminuisce le proprie forze; a tal diminuzione seguono le sciagure; ed alle sciagure ripetute la diffidenza di sé e l’abbandono della patria. Non vi è vera virtú politica senza valore, ed i vinti pèrdono metá dell’anima. Ma che cosa è il valore? L’uomo non teme se non ciò che gli è ignoto; l’uomo non fa malvolentieri se non ciò che non ha fatto giammai. Credi tu che tema il nemico? No: teme il nemico che non conosce.