Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/290

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CXXXI. — Alcune osservazioni sulla storia delle legislazioni del Regno (nn. 1298, 1302, 1306, 1316; 27 e 31 marzo, 5 e 17 aprile 1815). «Le speranze, che il nostro re ha fatto nascere negli animi de’ suoi sudditi colla promessa di dar loro una costituzione, muovono anche me a ragionar un momento delle costituzioni nostre antiche. Mi perdoneranno i giornalisti di Sicilia, i quali giudicano delle nostre costituzioni, dei nostri capitoli angioini, delle nostre prammatiche aragonesi e viceregnali, e ce le propongono come modelli di legislazione da non obbliarsi mai e da rinnovarsi tutte le volte che si fossero per un momento obbliate. Amo che gli scrittori stranieri non s’ingannino troppo spesso nel giudicare delle cose altrui, l’osservazione esatta delle quali è sempre utilissima ad imitare il bene che non si gode ancora, ad evitare i mali che forse finora si sono sofferti. Amo che i miei concittadini non prestino fede a’ giudizi troppo precipitati e spesso non imparziali : il paragone delle istituzioni antiche colle moderne sará sempre per essi un mezzo di assicurarsi de’ beni che godono e di quelli maggiori che debbono sperare dalle promesse del re. Imperciocché la cagione principale degli errori degli uomini è quella di errare nel paragone delle cose antiche e delle moderne: spesso le credono diverse, mentre sono simili; spesso le credono piú dannose, mentre sono piú utili ; si paragonano i nomi, ma non si analizzano le idee che le compongono, l’esecuzione che ricevono, gli effetti che producono». Dopo il quale esordio e una rapida rassegna dei vantaggi ridondati all’Italia meridionale dalle riforme dei Napoleonidi (e specialmente dall’abolizione della feudalitá), il Cuoco passa a discorrere delle costituzioni del Regno sotto le dinastie normanna e sveva.

CXXXII. — Miscellanea. Frammento di un’opera periodica (n. 1300, 29 marzo 1815). «Altre volte i costumi facevano la forza dei nostri avi ; in tutti i tempi essi hanno fatto quella di tutte le nazioni. Qual sarebbe la societá senza quel sentimento, impresso dalla natura e sviluppato dalla ragione, che ci fa preferire l’onesto all’utile, i nostri doveri a’ nostri vantaggi, la salute della patria alla nostra esistenza ? Spogliate l’uomo di questo sentimento o, ciò che vale lo stesso, toglietegli il rispetto per i costumi: non v’ha piú patria per lui. Accendete, al contrario, nella sua anima questo fuoco sacro, e voi lo vedrete volare incontro alla morte, persuaso che non v’ha nulla di piú bello che il morir per la patria». Le leggi «sono un supplimento de’ costumi, cioè a dire esse fanno fare con la forza ciò che quelli ottengono colla persuasione». I costumi, al contrario, «sono sempre rispettati. L’uomo virtuoso non ha bisogno nè di ordini nè di divieti. Con le leggi voi non avete che schiavi costretti all’obbedienza, con i costumi avete dei cittadini