Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/302

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bramato fine l’opera grande che restituisce l’uomo in tutt’i suoi imprescrittibili diritti, de’ quali i ferri vergognosi ed insopportabili della tirannia l’aveano, contro ogni legge e ragione, spogliato. Salute e fratellanza. — Ignazio Falconieri, commessario. Vincenzo Cuoco, segretario. IX. — A un amico. — [In Savoia, tra il maggio e il decembre 1800].—Questo libro, che io ti offro, si deve a te, perché tu ridestasti dall’oblio quelle idee che ne formano la principale parte, e delle quali io mi era occupato in tempi molto piú felici. — Sulle deliziose colline di Mergellina, su quelle colline che l’uomo trova tanto belle ne’ carmi di Sannazzaro e di Pontano, ma che trova poi col fatto superiori agli stessi loro bei carmi, io ragionai lungamente sulla natura del piacere e sui caratteri del bello: avea allora piú metafisica nella mente, piú vita nel cuore, ed era con me tal donna che poteva disputar con molti sui precetti e dare a tutti, in moltissime cose, modelli di bello. La natura non le avea negato nessuno di quei doni onde suol rendere care e pericolose le sue simili, ed una bene istituita educazione non avea trascurato nessuno dei beni della natura. Ella non si credeva filosofa, ed in veritá non professava filosofia, se per filosofia s’intende l’arte di persuadere se stesso che si sappia tutto e di dispensarsi da ulteriori dubbi e ricerche; ma ella s’interrogava, e le interrogazioni sue erano piú istrutte di ogni decisione. Ella non era erudita, perché non credeva essere un merito l’aver letto molto; ma, per uno che voleva ragionar di bello, ella valeva una biblioteca intera, perché te ne presentava ad ogni momento le piú grandi osservazioni. Conosceva il disegno, il ballo, la poesia, e, sopra tutte le altre belle arti, amava e coltivava la musica, e le sue osservazioni eran figlie delle arti sue. — Con questa donna, dunque, io ragionai quasi un mese sul piacere e sul bello. La disputa, incominciata un giorno, come per caso, ad occasione della lettura di un libro, ci parve tanto importante che risolvemmo di consacrarci due ore in ogni giorno. Ed in quelle due ore noi due sembravamo trasformati in due dialettici del Portico o dell’Accademia antica; talché a chi allora ci avesse veduti, piú delle materie delle quali ragionavamo, sarebbe apparso singolare il nostro contegno. Ed era veramente tale, e piú d’uno ci diceva: — Ma non avete a che altro pensare? — Alle donne sembrava strano come si passassero due ore senza parlar di mode, senza dir male, senza