Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/110

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chia. Ma l’ordinaria sorte de’ monarchi è quella di soffrire una rivoluzione per non fare una riforma. Gli abusi, che dovrebbero esser riformati, formano i diritti de’ favoriti, ciascuno de’ quali crede e fa credere che quella parte, la quale è a lui affidata, sia la base della monarchia intera, e, per salvare un favorito, si perde il monarca.

La rivoluzione scoppiò, perché era inevitabile. Tutte le idee degli uomini non ebbero allora altro scopo che quello di formare una monarchia costituzionale; ma si er.ò nel circoscrivere il limite del potere esecutivo, e se ne creò uno troppo debole e troppo poco rispettato.

Necker, al di cui cuore la Francia deve gran parte de’ beni della Rivoluzione ed alla di cui mente deve una gran parte de’ mali, perché il suo cuore lo mosse a tentar quella riforma, che la sua mente poi si mostrò incapace di dirigere ed eseguire; Necker vide l’errore, ne previde le conseguenze funeste e ne avverti i francesi. Egli dimostrò che la libertá non si ottiene distruggendo il potere esecutivo, senza del quale una nazione cade nell’anarchia; non rendendolo debole, perché questa debolezza lo rende inabile solo a produrre il bene, e avrá sempre tanto di forza quanto basti a produrre il male. Indicò gli effetti che sarebbero nati dalla divisione messa nella forza armata dello Stato; divisione, per la quale una parte della forza dipendeva dal popolo, un’altra dal re, ed in questa seconda il costui potere era limitato e ne’ consigli e nelle elezioni e ne’ comandi. L’influenza, che si volle dare al potere legislativo negli affari che riguardavano i rapporti della Francia colle altre potenze, dovea render per necessitá lente ed inefficaci le operazioni della guerra, incerte e mal sicure le negoziazioni della pace. La smania di voler interamente separare i due poteri tolse all’esecutivo ogni parte, sia diretta, sia indiretta, sia d’iniziativa, sia di veto, nella decretazione e nella sanzione delle leggi ; e questo disordine dovea produrre necessariamente due mali : o che il legislatore decretasse leggi che l’esecutore non approvava, o che rigettasse quelle che questo desiderava; e, nell’uno e nell’altro caso, leggi poco moderate, perché concepite da coloro i quali,