Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/161

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sia stato egualmente utile agl’italiani. Di tutti i legami che univan questa a quella non rimane che l’alleanza; alleanza, che, se alla Francia è utile, all’Italia è indispensabile. Il Regno dell’Italia è divenuto proprietá dello stesso sovrano, e questo sovrano è il piú grande uomo del secolo: egli saprá, egli potrá e, ciò che piú importa, egli vorrá farlo prosperare. Questo uomo avea giá due titoli i piú giusti alla sovranitá: quello di creatore e di restauratore dello Stato. Le circostanze politiche dell’Europa gliene dánno un terzo piú giusto di tutti: la necessitá di difendere ancora per altro tempo lo Stato che egli ha creato, la necessitá che ancora ha questa nazione dei benefici suoi.

Consideriamo questo avvenimento per rapporto alle altre nazioni dell’Europa. È la Gran Brettagna che muove la guerra, ed alla Gran Brettagna conviene principalmente rivolgere il discorso. Alla Gran Brettagna, che tanto parla dell’equilibrio dell’Europa, si potrebbe dimandare se questo equilibrio non si rompe egualmente colle immense conquiste che essa fa tutt’ i giorni nell’India; si potrebbe dimandare se ha mai voluto riconoscer la repubblica italiana. E come vien oggi a reclamare i diritti di quello Stato che non ha voluto riconoscer giammai? é ili Rimarrebbe a considerarsi il Regno d’Italia per rapporto all’Italia medesima. La pubblica letizia, colla quale è stato accolto questo avvenimento, rende un tale esame superfluo. E poi ogni esame che si potrebbe fare non sarebbe che l’applicazione di tutti i principi che si sono stabiliti di sopra. Le picciole passioni de’ privati o delle cittá possono far tacere i principi per un momento; per un momento può un privato riporre tutta la sua felicitá nel trionfo di un partito, ed una cittá riporre la sua gloria nell’essere indipendente da un’altra cittá: ma, un momento dopo, privati e cittá dovran confessare che, separandosi l’uno dall’altro, non si ottiene che la debolezza comune e che ai deboli non rimane che la miseria e lo squallore.

La storia dell’Italia li dovrá convincere che questa insensata