Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/268

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Dio: tra questi il piú grande è forse l’acutissimo Stellini. Né il Plutarco d’Italia, Genovesi, par che molto dissenta da tale opinione in quella sua Diceosina, nella quale tutta la morale trae dai rapporti intrinseci delle cose, dalla natura istessa della vita umana. Questi tali differiscono dai sofisti, in quanto che i sofisti negano or l’esistenza della divinitá, or quella della morale, spesso l’una e l’altra; quelli al contrario e l’una e l’altra ammettono, ma le credono indipendenti e dimostrabili ciascuna per se Stessa. Talché, mentre i sofisti sono empi, questi dir si possono piissimi, poiché delle veritá che tanto importa al genere umano di credere, dividendole, raddoppian, per cosí dire, le dimostrazioni. Pure queste due sètte di filosofi si potrebbero mettere facilmente d’accordo. Tale è la natura delle veritá intellettuali ed eterne che, sotto qualunque punto di vista le considerate, sono sempre le stesse. Potete incominciare da un punto o dall’altro, ma scorrete sempre la stessa linea, avete sempre le stesse veritá. Ammettete l’esistenza di Dio, ne verrá per conseguenza la morale; dimostrate la morale, l’ultima conseguenza delle vostre dimostrazioni sará l’esistenza di Dio. Ma i filosofi moderni, per la maggior parte, hanno trascurato l’esame dello strettissimo rapporto che passa tra l’una e l’altra veritá. La dimostrazione dell’esistenza di Dio è stata per lo piú tratta dalla fisica e dalla metafisica, e non giá dalla natura istessa della mente e del cuore dell’uomo. Kant... è stato quegli che tra’ moderni abbia veduto meglio di ogni altro la necessitá di far ciò che non si era fatto finora. Io non dirò che Kant abbia fatto bene. Ma grandissimi progressi in queste ricerche avean fatti gli antichi, e specialmente i filosofi pittagorici, della dottrina de’ quali sono grandissimo tesoro le opere di Platone; e da questo nesso, che essi sapevan trovare ed esporre meglio di noi, tra la religione e la morale, forse vien quella sublimitá, quella profonda irresistibile persuasiva che invano si ricerca nel maggior numero delle opere moderne*. CLIII. — La Calopistria ossia la chimica diretta al bello del mondo elegante , del dott. Bartolomeo Trommsdorf, traduzione, con aggiunte, del dott. Giovanni Pozzi, Milano, Silvestri, 1805 (n. 208, 30 decembre).

ANNO TERZO

(1806) CLIV. — Politica (nn. 5, 6, 7, 8; 5, 6, 7, 8 gennaio).

Si veda sopra, pp. 201-13.

CLV. — Delle api, loro utilitá e maniera di ben governarle, Napoli, Merelli, 1800, 3 volumi (n. 22, 22 gennaio).