Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/301

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DALLA «C STATISTICA DELLA REPUBBLICA ITALIANA» 295 l’energia e sopra tutto il talento di un popolo. Le feste vi indicano lo stato interno di una nazione; quasi vi rivelano i segreti di ciascuna famiglia; vi mostrano il malcontento pubblico e la miseria privata. Un popolo, il quale soffra, abbandona le sue antiche feste e non ama le nuove: quando il suo stato migliora, il primo segno che ne dá è di correr di nuovo alle feste antiche b). L’affezione che un popolo ha per le sue antiche feste indica il grado di affezione che ha per la sua patria. Quanto piú queste feste sono antiche, quanto maggiore è l’interesse che il popolo vi prende, credete pure che tanto piú vivo è in lui lo spirito di nazionalitá. Siccome ogni nazione è divisa per necessitá in due classi, delle quali una sola ha il nome di «volgo», cosí quella classe che non è volgo suole spesso disprezzare le feste della prima. Quanto maggiore è questo disprezzo, quanto piú queste due classi son divise di gusti ne’ loro divertimenti, tanto lo spirito di nazionalitá è minore. La nazione comincia ad esser divisa in due parti, e ciascuna si crea le sue proprie feste: la parte colta disprezza il volgo, e questo, disprezzato a torto, rimane sempre incolto e, a lungo andare, divien realmente degno di disprezzo.

Io distinguo le feste in popolari ed in non popolari. In queste convien esaminare quanta parte vi prenda il volgo; in quelle quanta ve ne prendano coloro che non son volgo.

Tra le feste tengono un luogo distinto i teatri. Essi, nell’attuale costituzione delle nostre societá, non sono feste popolari, e perciò è necessario sapere quanta parte il popolo vi prenda. Quanto piú facile è al popolo la partecipazione al teatro, tanto piú egli guadagnerá in civiltá. Il popolo vuole naturalmente dei spettacoli: se voi non gliene date, se ne formerá egli stesso. Se io dovessi esaminare il teatro di una nazione per conoscere i suoi costumi, forsi l’ultimo oggetto che considererei sarebbe la morale che dal teatro si predica. Non la credo inutile, ma non la credo neanche tanto utile quanto si pensa. La tragedia insegna grandi veritá e non fatte pel volgo; la comedia insegna veritá domestiche, ma piú utili a farci ridere sui difetti (1) Si è osservato in Francia dopo il 18 brumale.