Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/334

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nell’ultimo decennio del secolo scorso, sono nati per la maggior parte dall’ignoranza delle leggi positive de’ popoli. Imperciocché (0.: . Formar dunque de’ giureconsulti utili non solo ai privati ma anche alla patria; insegnar, come diceva Cicerone, non giá l’arte di cavillare ma quella di conoscere il giusto; avvezzar gli uomini a riconoscere una ragione ed una giustizia anche in quella parte degli ordini civili i quali sembrano piú arbitrari e dipendenti dai soli patti umani, e cosí renderli piú rispettosi verso le leggi che si hanno, piú atti a prepararne la riforma quando i costumi la richiedono: ecco il fine principale al quale debbono esser dirette le cure di uno che insegna le leggi delle nazioni estere. Lo stesso Cicerone avea detto che la vera giurisprudenza non dovea dedursi né dalle leggi delle Dodici Tavole né dall’Editto del pretore, ma dalla piú profonda filosofia. Or ogni filosofia ha di sua natura due parti : la cognizione de’ fatti e la cognizione della ragione de’ fatti. Ciò che la storia naturale per rapporto alla física, la statistica per rapporto all’economia, è la scienza delle leggi positive degli altri popoli per rispetto alla giurisprudenza. Si può chiamar con ragione la parte sperimentale della giurisprudenza.

Ma, affinché la cognizione delle leggi degli altri popoli serva ad ottener questo fine, io credo necessario che si abbiano le seguenti avvertenze: 1. Render piú esatte le idee che oggi si hanno di molte leggi e di molti costumi di vari popoli antichi e moderni ; idee le quali, o mal trasmesse a noi da scrittori i quali non erano giureconsulti, o male interpretate, danno una scienza fallace, dalla quale non si può sperar mai utile, perché non è utile che il solo vero, e spesso si deve temer molto male, perché pericolosa è sempre la cognizione e l’imitazione delle cose false. 2 . Far che la cognizione delle leggi positive degli altri popoli non sia empirica, perché allora non sarebbe che una parte della storia civile, e non sarebbe neanche la parte piú (i) Il Cuoco lascia qui una pagina e mezzo in bianco [Edd.].