Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/96

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Io mi son congratulato coll’Italia vedendo talvolta qualche produzione di questo genere, che era veracemente eloquente.

Mi son rallegrato pochi giorni sono leggendo la pastorale dell’arcivescovo di Genova, ed ho detto tra me e me: — Ecco un uomo il quale crede che il primo mezzo per convincere sia la ragione; ecco un ministro dell’altare il quale intende, come san Paolo, che l’ossequio, che egli deve pretendere dai fedeli, deve esser ragionevole. Possano questi esempi divenir piú frequenti e possano finalmente gl’italiani disfarsi de’ pessimi modelli che oggi hanno, del padre Truxes, del padre*** e del padre Segneri. — 10 mi arresterò un momento sopra quest’ultimo. Che importa che la buona memoria dell’Accademia della Crusca abbia registrato il suo nome in quell’elenco dove vi è Ricordano Malaspini, e non vi sono Sarpi, Davila e Giannone? vi si legge fra Guittone di Arezzo, e non vi si voleva scrivere il Tasso?

e Villani vi tien un luogo piú distinto di Macchiavelli? Io non ripeterò contro di lui tutto ciò che ha, non detto, ma dimostralo l’autor delle Lettere sulla riforma d’Italia. Non negherò a Segneri il picciolo merito di adoprar sempre «voci elette», e l’altro, anche piú grande, di aver molto ingegno e di saper trarre, da quelle poche idee che avea, il piú grande effetto possibile. Ma le sue idee eran poche, inesatte; fiacca era la sua ragione, il suo cuore debole. Egli non ha mente, e non sa né persuadere né commuovere: ove finisce il merito delle parole, incomincia la noia.

11 pregio delle parole è un pregio di convenzione; convenzionali sono anche per la maggior parte le nostre opinioni e quei sentimenti che nascono dalle opinioni ; e di tutto ciò che è convenzionale il merito è sempre ristretto tra pochi uomini, non vaste regioni e breve tempo. Ciò che prima piaceva non si gusta piú, ciò che tra noi è convincente non persuade in Francia, e ciò che oggi profondamente ci commove ci annoierá un giorno. Onde vien dunque quell’eloquenza che è comune a tutte le nazioni, che vince tutti i secoli, che sopravvive alle cose e talora anche agli stessi nomi degli autori? Dalle