Pagina:Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Laterza, 1913.djvu/97

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xvi - stato della nazione napolitana 87

legislazione. Le persone elette al governo furono: Abamonti, Albanese, Baffi, Bassal francese, Bisceglia, Bruno, Cestari, Ciaia, De Gennaro, De Filippis, De Rensis, Doria, Falcigni, Fasulo, Forges, Laubert, Logoteta, Manthoné, Pagano, Paribelli, Pignatelli-Vaglio, Porta, Riari, Rotondo.

Ma l’immaginare un progetto di costituzione repubblicana non è lo stesso che fondare una repubblica. In un governo in cui la volontá pubblica, o sia la legge, non ha e non dee avere altro sostegno, altro garante, altro esecutore che la volontá privata, non si stabilisce la libertá se non formando uomini liberi. Prima d’innalzare sul territorio napolitano l’edifizio della libertá, vi erano, nelle antiche costituzioni, negl’invecchiati costumi e pregiudizi, negl’interessi attuali degli abitanti, mille ostacoli, che conveniva conoscere, che era necessario rimuovere. Ferdinando guardava bieco la nostra nascente libertá e da Palermo moveva tutte le macchine per riacquistare il regno perduto. Egli avea de’ potenti alleati, i quali erano per noi nemici terribili, specialmente gl’inglesi, padroni del mare ed, in conseguenza, del commercio di Sicilia e di Puglia, senza di cui una capitale immensa, qual è Napoli, non potea che difficilmente sussistere.

Dall’epoca de’ romani in qua, la sorte dell’Italia meridionale dipende in gran parte da quella della Sicilia. I romani ridussero l’Italia a giardino, il quale ben presto si cangiò in deserto. Dopo le grandi conquiste de’ romani, s’incominciò ad udire per la prima volta che la Sicilia era il granaio dell’Italia; detto quanto glorioso per la prima tanto ingiurioso per la seconda. Non si sarebbe ciò detto prima del quinto secolo di Roma, quando l’Italia bastava sola ad alimentare trenta milioni di uomini industriosi e guerrieri, di costumi semplici e magnanimi. Ne’ secoli di mezzo, chiunque fu padrone della Sicilia turbò a suo talento l’Italia, Dalla Sicilia Belisario distrusse il regno de’ goti; dalla Sicilia i saraceni la infestarono per tre secoli, finché i normanni la riunirono di nuovo al regno di Napoli, al quale rimase unita fino all’epoca di Carlo primo d’Angiò. E chi potrebbe negare che quella separazione non abbia influito a ritardare nel regno di Napoli il progresso di quella civiltá, la quale, prima che in ogni