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il maestro di mio padre 211

questo foglio. Vedi? Queste sono le correzioni della mia povera madre. Essa mi rinforzava sempre gli elle e i ti. E le ultime righe son tutte sue. Aveva imparato a imitare i miei caratteri, e quando io ero stanco e avevo sonno, terminava il lavoro per me. Santa madre mia!

E baciò la pagina.

— Ecco, — disse il maestro, mostrando gli altri pacchi, — le mie memorie. Ogni anno io ho messo da parte un lavoro di ciascuno dei miei scolari, e son tutti qui ordinati e numerati. Alle volte li sfoglio, così, e leggo una riga qua e una là, e mi tornano in mente mille cose, mi par di rivivere nel tempo andato. Quanti ne son passati, caro signore! Io chiudo gli occhi, e vedo visi dietro visi, classi dietro classi, centinaia e centinaia di ragazzi, che chi sa quanti sono già morti. Di molti mi ricordo bene. Mi ricordo bene dei più buoni e dei più cattivi, di quelli che m’han dato molte soddisfazioni e di quelli che m’han fatto passare dei momenti tristi; perchè ci ho avuto anche dei serpenti, si sa, in un così gran numero! Ma oramai, lei capisce, è come se fossi già nel mondo di là, e voglio bene a tutti egualmente.

Si rimise a sedere e prese una delle mie mani fra le sue.

— E di me, — domandò mio padre sorridendo, — non si ricorda nessuna monelleria?

— Di lei, signore? — rispose il vecchio, sorridendo pure. — No, per il momento. Ma questo non vuol mica dire che non me ne abbia fatte. Lei però aveva giudizio, era serio per l’età sua. Mi ricordo la grande affezione che le aveva la sua signora madre... Ma è stato ben buono, ben gentile a venirmi