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220 aprile

Giura che se fra quarant’anni, passando in una stazione di strada ferrata, riconoscerai nei panni d’un macchinista il tuo vecchio Garrone col viso nero... ah, non m’occorre che tu lo giuri: son sicuro che salterai sulla macchina e che gli getterai le braccia al collo, fossi anche Senatore del Regno.

Tuo Padre



LA MADRE DI GARRONE

29, sabato.

Tornato alla scuola, subito una triste notizia. Da vari giorni Garrone non veniva più perchè sua madre era malata grave. Sabato sera è morta. Ieri mattina, appena entrato nella scuola, il maestro ci disse: — Al povero Garrone è toccata la più grande disgrazia che possa colpire un fanciullo. Gli è morta la madre. Domani egli ritornerà in classe. Vi prego fin d’ora, ragazzi: rispettate il terribile dolore che gli strazia l’anima. Quando entrerà, salutatelo con affetto e seri; nessuno scherzi, nessuno rida con lui, mi raccomando. — E questa mattina, un po’ più tardi degli altri, entrò il povero Garrone. Mi sentii un colpo al cuore a vederlo. Era smorto in viso, aveva gli occhi rossi, e si reggeva male sulle gambe: pareva che fosse stato un mese malato: quasi non si riconosceva più: era vestito tutto di nero: faceva compassione. Nessuno fiatò; tutti lo guardarono. Appena entrato, al primo riveder quella scuola, dove sua madre era venuta a prenderlo quasi ogni giorno, quel banco sul quale s’era tante volte chinata i giorni d’esame a fargli l’ultima raccomanda-