Pagina:Cuore infermo.djvu/117

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Parte terza 117

— Non importa — rispose l’altra, stringendosi nelle spalle e scrollando il capo.

E si pose a scherzare col cordoncino di seta gialla terminato da un fiocchetto che le stringeva alla vita la veste da camera violetto-scura. Faceva roteare vivamente il fiocchetto, avvolgendo e svolgendo intorno al dito indice il cordoncino: il fiocchetto, come una fionda, andò a colpire sul petto Marcello che le sedeva accanto.

— Un colpo mortale — riprese egli, tentando di scherzare.

— Non siete invulnerabile?

— Si dice che Achille fosse un mito.

— E Omfale?

— Le donne sono sempre una realtà.

— Buona o cattiva.

— Io sono interamente cattiva.

— Chissà!

— Paolo Collemagno lo dice.

— Vi ama.

— Io non amo lui.

— Lo so.

— Non lo amo e sono cattiva, duca. Vi supplico di crederlo.

— Per ordine, lo potrò. Ma non sarà un’obbedienza senza tentativi di ribellione, contessa.

— Ebbene, io ve lo proverò, duca. Ho bisogno, per la mia riputazione, che mi crediate cattiva.

— Vale a dire, che dovrei amarvi come Paolo Collemagno.

— E che? Non mi amate voi dunque, caro Sangiorgio? Che venite a fare qui?

Malgrado la risatina secca che dava alle parole di lei