Pagina:Cuore infermo.djvu/193

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Parte quarta 193

e ci cruccia col suo lume; la fuggiamo, ella ci riprende colla sua musica. La storiella è preziosa.

— Lalla!

— A che servono le esclamazioni? Non è così forse? Qui il marito traditore che gorgheggia con la sua amante l’eterna canzoncina dell’amore, e poco lontano la moglie tradita che la fa da testimonio invisibile, che trova l’accompagnamento alla canzone. Ma parla dunque, Marcello! Dimmi che mi ami, che mi adori, mentre Beatrice esprimerà il cupo dolore del polacco ammalato. Sentiamo se è bello l’insieme...

— Lalla, te ne scongiuro, se hai cuore di donna, lasciami chiudere il balcone!

— No, tu non chiuderai. Il divertimento è molto piacevole. E durerà, te lo assicuro. Tua moglie non sa niente di certo; ma suonerà fino a che tu cadrai alle mie ginocchia...

— Lasciami chiudere.

— No. A qual pro? Il suono s’infiltrerebbe, entrerebbe ad ogni costo. Nulla potrebbe non farcelo udire. Vi siamo condannati.

— Come ti odio, come ti odio!

— Ed io quanto, quanto! — rispose ella, con un accento supremo, mentre egli fuggiva via.


V.


— Ho portato quassù lo scialle della signora — disse Giovannina, la cameriera.

— Perchè?

— Piove, e nell’attraversare il terrazzo potrebbe bagnarsi.