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220 Cuore infermo

— No, Marcello; rimani pure.

E li salutò con un unico sguardo, andandosene da sola, col suo bell’incesso da dea, col suo passo ritmico.

— Che bel dramma! — disse con una ciera soddisfatta Amalia, ritornando a sedersi presso Fanny.

— Sei una scioccherella cattiva — le rispose costei, irritatissima.

— Ma che! la Beatrice non se ne dà pensiero.

— Che ne sai tu?

— Lo so... lo sapeva... — disse Amalia, balbettando ed impallidendo ella stessa, per quello che aveva fatto.

Marcello Sangiorgio e Paolo Collemagno sedevano accanto alla contessa D’Aragona, facendo una conversazione i tre, che doveva essere molto singolare.


Nella carrozza che fuggiva, Beatrice fiutava la sua fialetta di sali inglesi. Una sola domanda si presentava molto chiara, tra la folla dei suoi pensieri. Ella chiedeva a sè stessa, se Lalla D’Aragona non fosse la figlia della marchesa di Monsardo.


II.


Nel palazzo Sangiorgio, a Napoli, Beatrice non aveva ripigliate le sue abitudini.

Quando rientrò nei suoi appartamenti vasti e silenziosi, col sole di autunno che li inondava di luce, ritrovando quell’ambiente gravemente sereno, da lei creato, da lei abitato nel tempo quieto e felice della sua vita,