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274 Cuore infermo

avete provveduto a tutto? Siete sicuri di non lasciare nulla, di non dimenticare nulla?

— Certamente.

— Proprio sicuri?

— Proprio sicuri. Chi o che cosa abbiamo potuto dimenticare?

— Ma a chi scrivevi tu dunque? — domandò ella, ergendosi dinanzi a lui.

— ... a te — balbettò Marcello.

— Vedi bene — rispose Beatrice, ricadendo sulla sedia, con un’aria di trionfo — vedi bene che avevi dimenticato qualcuno.

Marcello le rivolse un’occhiata smarrita. Lo riprendeva la fatalità di quel legame in tre, che invano tentava spezzare.

— Che vuoi tu dire? — mormorò.

— Se voi partite, io rimango, Marcello.

— Ebbene?

— Sono tua moglie. Non te ne ricordi più?

— È vero, tu porti il mio nome. E poi?

— Questa partenza spezza tutti i nostri legami. Tu abbandoni volontariamente tua moglie, la duchessa di Sangiorgio. Tu distruggi, senza esitare, la tua famiglia, la tua casa. Tu offendi in me il tuo onore ed il tuo nome. Quanto può esser sacro ad un uomo, ad un gentiluomo, tu lo violi. Io mi domando se tutto ciò è onesto,

— ... prosegui.

— Che farò io? Che risponderò io a mio padre, a tuo zio, ai tuoi amici, alle mie amiche? Che dirò alla gente che mi domanderà? Come giustificherò l’offesa che mi fai? Lascerò che indegni sospetti si aggravino su me, per salvare te? Io mi domando, io ti domando se questo è giusto.