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270 Gabriele d’Annunzio


a l’Ideale che non ha tramonti,
a la Bellezza che non sa dolori?
Quando grida una voce: - In alto i cuori! -
raggiano de’ poeti erte le fronti.

Oh pomeriggi chiari e dilettosi
in cui fiori la tua nova fatica
e dentro i versi miei laboriosi
tremò il disio de la bellezza antica!

Mentre ne l’ampia sala gentilizia
su i quadrati di marmo il sol fluiva
simile ad una lene acqua sorgiva
dilagando con placida letizia,

tu ne la tela, senza alcuna lotta,
l’oro fulvo rapivi a Tizïano,
io derivava in gloria d’Isaotta
i larghi modi de ’l Polizïano.

Una serenità lucida, eguale,
noi tenea. Da la tela a quando a quando,
me d’un fraterno riso illuminando,
tu levavi la faccia giovïale;

o, lento, senza volgere lo sguardo
da l’opra, amavi un tuo pensier felice
ornare, tu che come Leonardo
hai la dolce facondia allettatrice.