Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu/145

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TERZO - ALCIONE

portar clamide, come i cavalieri
d’Atene, ma ti giova essere ignudo.
Su, spingi Agrio! Non v’è sentiere. I fusti
sono fragili come aride canne.
25Odi? Folo le rompe col suo petto.
Dunque or teme le scaglie e i rovi il marmo
delle tue gambe? E’ splendido il tuo sangue,
Ardi. Poiché ciascuna cosa in torno
le più ricche virtudi e più segrete
30esprime per farti ebro, non ti dolga
di sanguinare come il pino stilla,
come il ginepro odora. Avanti, avanti
per la boscaglia che rosseggia e cede!
Vedesti mai più fulva chioma e spessa?
35I bei sogni vi restano come api
prese nella criniera d’un leone.

ardi.
Preso per i capegli sono. Ah, il ramo
si rompe e gli aghi piovonmi sul collo,
su gli omeri, già coprono la groppa
40d’Agrio. Vedi? A miriadi, a miriadi!
Carichi tutti i rami biforcuti.
In ogni congiuntura accumulati
a fasci gli aghi morti. Morta sembra
tutta la selva, inaridita e cieca.


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