Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu/190

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DELLE LAUDI - LIBRO


Rise il Centauro come a quella frotta
lieve natante giù pel verde Serchio.
Poi levò, grande nel silvano cerchio,
140il duplice trofeo della sua lotta.

Fiutò il vento. Ma prima di partirsi
colse tre rami carichi di pine;
e due n’avvolse intorno alle cervine
corna, e sì n’ebbe due notturni tirsi.

145Del terzo incurvo fece un serto sacro
e se ne inghirlandò le tempie umane
ove le vene, enfiate dall’immane
sforzo, ancor cupe ardeangli di sangue acro.

Precinto, armato dei due tirsi foschi,
150sollevò la gran bocca a respirare
verso il Cielo. S’udia remoto il Mare
seguir col rombo il murmure dei boschi.

Sola una Nube era nell’alte zone
dell’Etere qual dea scinta che dorma.
155Venerava il Nubigena la forma
cui fecondò l’audacia d’Issione.


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