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Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/158

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146 notturno

tale. L’ombra era quasi acquatile, modulata dal canto morente di non so qual sirena bandita dal mare.



La pioggia non cessa. La odo scrosciare sul giardino, su la riva, nel campiello, nella calle. La donatrice non avrà l’ardire di traversare, come la sua fante, il diluvio che sommerge Venezia tenebrosa. Ma pareva che i fiori l’annunziassero.

Il tedio dell’immobilità mi opprime. La collera sorda mi tende dalla nuca al tallone. Ora mi alzo, getto via le bende, e cammino lungo le gronde.

Il mio piacere malinconico è già esausto. La nuca mi batte. Dagli steli del giacinto cola un umore fastidioso che m’invesca le dita.

Ma di dove viene quest’odore di mammole? Ci sono violette nella stanza? Chi me le ha nascoste?