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quel suo ciuffo selvatico di capelli su la fronte carica di sapienza e di divinazione.

Tornava dall’Alpe, dov’era salito a distribuire le sue vestimenta bianche, i suoi calzari costrutti a simiglianza di quelli che portavano i cacciatori di cinghiali al tempo di Orazio, costretti a passare la notte su la neve ocreati.

Mi raccontava che gli Alpini, con le gambe congelate, cercavano di levarsi al suo passaggio e sorridevano. O gentilezza d’Italia! In un sol giorno il chirurgo aveva mozzo i piedi a duecento cinquanta uomini.

Mi raccontava che nel Carso era anche peggio. Le trincee s’empìvano d’acqua, e i fanti stavano con le gambe nell’acqua motosa fino alle ginocchia, per giorni e giorni. Le loro scarpe erano di qualità pessima, scarpe di cartone, fornite dai frodatori che godevano di tutte le indulgenze invece di esser fucilati in