Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/217

Da Wikisource.

turlendana ritorna. 209

nendosi in una delle mani il piede ritorto simile a una radice d’arbusto, immobile, grave, fissando verso le acque i tondi occhi color d’arancio che gli si empivano di meraviglia, mentre la fronte gli si corrugava e le orecchie fini e rosee gli tremavano quasi per inquietudine. Poi, d’improvviso, con un gesto di malizia ricominciava la giostra.

— Hu, Barbarà! —

Il camello udiva; e si rimetteva in cammino.

Quando la compagnia giunse al bosco dei salci, presso la foce della Pescara, su la riva sinistra (già si scorgevano i galli sopra le antenne delle paranze ancorate allo scalo della Bandiera), Turlendana si arrestò poichè voleva dissetarsi al fiume.

Il patrio fiume recava l’onda perenne della sua pace al mare. Le rive, coperte di piante fluviatili, tacevano e si riposavano, come affaticate dalla recente opera della fecondazione. Il silenzio era profondo su tutte le cose. Li estuarii risplendevano al sole tranquilli, come spere, chiusi in una cornice di cristalli salini. Secondo le vicende del vento, i salci verdeggiavano o biancheggiavano.

‟La Pescara!” disse Turlendana soffermandosi, con un accento di curiosità e di riconoscimento istintivo. E stette a riguardare.