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la fine di candia. | 239 |
mangiare. A poco a poco ella si abituò a mendicare. Andava per le strade, tutta cenciosa, curva e disfatta. I monelli le gridavano dietro:
‟Mo’ dicci la storia de la cucchiara, che nun la sapemo, zi’ Ca’!”
Ella fermava i passanti sconosciuti, talvolta, per raccontare la storia e per arzigogolare su la discolpa. I giovinastri la chiamavano e per un soldo le facevano fare tre, quattro volte la narrazione; sollevavano difficoltà contro li argomenti; ascoltavano sino alla fine, per poi ferirla con una sola parola. Ella scoteva il capo; passava oltre; si univa alle altre femmine mendicanti e ragionava con loro, sempre, sempre, infaticabile, invincibile. Prediligeva una femmina sorda, che aveva su la pelle una sorta di lebbra rossastra e zoppicava da un piede.
Nell’inverno del 1874 la colse un male. Fu assistita dalla femmina lebbrosa. Donna Cristina Lamonica le mandò un cordiale e un cassetto di brace.
L’inferma, distesa su ’l giaciglio, farneticava del cucchiaio; si levava su i gomiti, tentava di far de’ gesti, per secondare la perorazione. La lebbrosa le prendeva le mani e la riadagiava pietosamente.